Sabato 3 maggio 2025, il Collegio ha organizzato una visita guidata all’isola degli Armeni e alla chiesa di Santa Croce degli Armeni, a Venezia.
L’isola si trova nella laguna di Venezia, di fronte all’isola del Lido, e si raggiunge con un battello dell’ACTV che parte da San Zaccaria, e, dopo la fermata all’isola di San Servolo, porta agli Armeni.
Veniamo accompagnati da Lucia, una guida armena molto competente, che ci racconta la storia del popolo armeno e poi ci accompagna nella visita del monastero e della chiesa.
Gli armeni sono un popolo dalla lunga storia. L’Armenia storica comprendeva un territorio molto più vasto di quello dell’attuale stato armeno, ricopriva una superfice tra il mar Caspio e il mar Nero, tra la Mesopotamia, il Caucaso e l’Asia Minore, comprendeva il monte Ararat (alto oltre 5000 metri) sul quale atterrò l’arca di Noè, di cui il popolo armeno si considera discendente. La superfice dell’Armenia attuale è circa 1 decimo dell’Armenia storica. Gli armeni hanno subìto un terribile genocidio nel 1915, durante il quale furono massacrate 1,5 milioni di persone. Attualmente gli armeni sono circa 3 milioni.
L’Abate Mechitar (1676 – 1749), all’età di 16 anni ebbe la visione della Vergine, e nel 1701, a Costantinopoli, fondò la congregazione Mechitarista. Perseguitato, Mechitar si trasferì nel Peolponneso, all’epoca territorio veneziano, e successivamente arrivò a Venezia, dove nel 1717 ebbe in concessione perpetua l’isola di San Lazzaro, e vi fondò il monastero abbaziale mechitarista. L’isola, a quei tempi, era un lebbrosario, ed era molto più piccola di quella attuale: aveva una superfice di 7000 mq, a fronte della superfice attuale di 30.000 mq; l’isola fu infatti soggetta a numerosi ampliamenti nei tre secoli che seguirono, l’ultimo dei quali avvenne nel 1947.
Già nel quindicesimo secolo, la comunità armena a Venezia era molto potente e influente, e viveva nella zona centrale della città. Gli armeni erano soprattutto commercianti, e portavano a Venezia tappeti, spezie e seta grezza.
Iniziamo la visita dal giardino dove approda il battello, e ammiriamo la statua dell’Abate Mechitar, una lapide che ricorda i 300 anni dalla fondazione del monastero, e una stele di pietra dov’è riprodotta una croce armena. Nella croce armena non è raffigurata la figura del Cristo, in quanto si ritiene sia già risorto, e la croce poggia su un disco che rappresenta il seme della vita. La stele è circondata da quattro alberi di melograno, anche questi simboli della vita.
Entrando nel monastero si accede a un grande chiostro, che racchiude un bel giardino, dal quale si accede alla chiesa. Decorata con un soffitto dipinto di azzurro, in onore della Vergine Maria, comprende al proprio interno numerosi altari. L’altare maggiore è sovralzato di alcuni gradini rispetto al pavimento della chiesa, ed è coperto da un sipario in velluto rosso, che viene aperto o chiuso nel corso delle cerimonie religiose.
Attiguo alla chiesa si trovano la biblioteca e il museo. La biblioteca è una ricchissima raccolta di oltre 170.000 volumi, conservati dentro teche in legno e vetro. Al centro della stanza, il cui soffitto è decorato con stucchi e dipinti (fu parzialmente rovinato da un incendio), due mappamondi sopra un tappeto “Drago”, tradizionale armeno. Dalla biblioteca si accede alla sala armena, che contiene collezioni di ceramiche, numerose tele del pittore Aivasovsky e altre opere d’arte, tra cui una spada antichissima, datata al IV millennio a.C.
Si passa poi allo studio di Lord Byron, nel quale campeggia un suo ritratto, oltre a una mummia egizia e due troni di legno intarsiati di avorio di Costantinopoli, e dal quale si accede alla stanza dei manoscritti, costruita nel 1967, di forma circolare, nella quale sono conservati antichi libri miniati.
Prima di uscire attraversiamo la stamperia, dove sono conservate le antiche macchine da stampa.
Torniamo in città e ci soffermiamo in piazza san Marco, al centro della piazza, a vedere una lapide che ricorda l’antica chiesa di San Giminiano, costruita nel V secolo da Narsete, l’esarca armeno di Ravenna, e demolita nel XII secolo per ampliare la piazza.
Ci si sposta infine nel sotoportego dei Armeni, dal quale si accede alla chiesa di Santa Croce degli Armeni. Costruita nel XV secolo, e successivamente ampliata nel XVII secolo, la chiesa non ha la facciata, e il portone di accesso è dissimulato sotto il portico. Prima di entrare nella chiesa vera e propria, si accede ad un vestibolo dove sono situate numerose tombe settecentesche. La chiesa viene aperta una volta al mese, per celebrare la messa, è quindi questa un’occasione davvero speciale per visitarla.
La visita è stata molto interessante, ci ha fatto conoscere una civiltà forse non nota a tutti, e un pezzo importante della nostra città, che si rivela più che mai ricca di storia, di cultura e di opere d’arte.
Un ringraziamento particolare va alla nostra guida Lucia, che con competenza e tanta passione ci ha raccontato la storia di un popolo antichissimo.
L’isola si trova nella laguna di Venezia, di fronte all’isola del Lido, e si raggiunge con un battello dell’ACTV che parte da San Zaccaria, e, dopo la fermata all’isola di San Servolo, porta agli Armeni.
Veniamo accompagnati da Lucia, una guida armena molto competente, che ci racconta la storia del popolo armeno e poi ci accompagna nella visita del monastero e della chiesa.
Gli armeni sono un popolo dalla lunga storia. L’Armenia storica comprendeva un territorio molto più vasto di quello dell’attuale stato armeno, ricopriva una superfice tra il mar Caspio e il mar Nero, tra la Mesopotamia, il Caucaso e l’Asia Minore, comprendeva il monte Ararat (alto oltre 5000 metri) sul quale atterrò l’arca di Noè, di cui il popolo armeno si considera discendente. La superfice dell’Armenia attuale è circa 1 decimo dell’Armenia storica. Gli armeni hanno subìto un terribile genocidio nel 1915, durante il quale furono massacrate 1,5 milioni di persone. Attualmente gli armeni sono circa 3 milioni.
L’Abate Mechitar (1676 – 1749), all’età di 16 anni ebbe la visione della Vergine, e nel 1701, a Costantinopoli, fondò la congregazione Mechitarista. Perseguitato, Mechitar si trasferì nel Peolponneso, all’epoca territorio veneziano, e successivamente arrivò a Venezia, dove nel 1717 ebbe in concessione perpetua l’isola di San Lazzaro, e vi fondò il monastero abbaziale mechitarista. L’isola, a quei tempi, era un lebbrosario, ed era molto più piccola di quella attuale: aveva una superfice di 7000 mq, a fronte della superfice attuale di 30.000 mq; l’isola fu infatti soggetta a numerosi ampliamenti nei tre secoli che seguirono, l’ultimo dei quali avvenne nel 1947.
Già nel quindicesimo secolo, la comunità armena a Venezia era molto potente e influente, e viveva nella zona centrale della città. Gli armeni erano soprattutto commercianti, e portavano a Venezia tappeti, spezie e seta grezza.
Iniziamo la visita dal giardino dove approda il battello, e ammiriamo la statua dell’Abate Mechitar, una lapide che ricorda i 300 anni dalla fondazione del monastero, e una stele di pietra dov’è riprodotta una croce armena. Nella croce armena non è raffigurata la figura del Cristo, in quanto si ritiene sia già risorto, e la croce poggia su un disco che rappresenta il seme della vita. La stele è circondata da quattro alberi di melograno, anche questi simboli della vita.
Entrando nel monastero si accede a un grande chiostro, che racchiude un bel giardino, dal quale si accede alla chiesa. Decorata con un soffitto dipinto di azzurro, in onore della Vergine Maria, comprende al proprio interno numerosi altari. L’altare maggiore è sovralzato di alcuni gradini rispetto al pavimento della chiesa, ed è coperto da un sipario in velluto rosso, che viene aperto o chiuso nel corso delle cerimonie religiose.
Attiguo alla chiesa si trovano la biblioteca e il museo. La biblioteca è una ricchissima raccolta di oltre 170.000 volumi, conservati dentro teche in legno e vetro. Al centro della stanza, il cui soffitto è decorato con stucchi e dipinti (fu parzialmente rovinato da un incendio), due mappamondi sopra un tappeto “Drago”, tradizionale armeno. Dalla biblioteca si accede alla sala armena, che contiene collezioni di ceramiche, numerose tele del pittore Aivasovsky e altre opere d’arte, tra cui una spada antichissima, datata al IV millennio a.C.
Si passa poi allo studio di Lord Byron, nel quale campeggia un suo ritratto, oltre a una mummia egizia e due troni di legno intarsiati di avorio di Costantinopoli, e dal quale si accede alla stanza dei manoscritti, costruita nel 1967, di forma circolare, nella quale sono conservati antichi libri miniati.
Prima di uscire attraversiamo la stamperia, dove sono conservate le antiche macchine da stampa.
Torniamo in città e ci soffermiamo in piazza san Marco, al centro della piazza, a vedere una lapide che ricorda l’antica chiesa di San Giminiano, costruita nel V secolo da Narsete, l’esarca armeno di Ravenna, e demolita nel XII secolo per ampliare la piazza.
Ci si sposta infine nel sotoportego dei Armeni, dal quale si accede alla chiesa di Santa Croce degli Armeni. Costruita nel XV secolo, e successivamente ampliata nel XVII secolo, la chiesa non ha la facciata, e il portone di accesso è dissimulato sotto il portico. Prima di entrare nella chiesa vera e propria, si accede ad un vestibolo dove sono situate numerose tombe settecentesche. La chiesa viene aperta una volta al mese, per celebrare la messa, è quindi questa un’occasione davvero speciale per visitarla.
La visita è stata molto interessante, ci ha fatto conoscere una civiltà forse non nota a tutti, e un pezzo importante della nostra città, che si rivela più che mai ricca di storia, di cultura e di opere d’arte.
Un ringraziamento particolare va alla nostra guida Lucia, che con competenza e tanta passione ci ha raccontato la storia di un popolo antichissimo.